Buona Pasqua

Roberto Beccantini15 aprile 2017

Ho seguito il primo derby made in China, molto divertente e tutto sommato equo, al di là delle lanterne rosse(nere) agli sgoccioli degli sgoccioli. E poi mi sono dedicato al sole di Pescara e alle carezze di Muntari a Omarino Dybala, uscito con la caviglia destra leggermente distorta. Per carità: scagli la prima tibia chi. Però.

Di Bello, non proprio l’arbitro: al massimo, le bollicine di Cuadrado. I gol di Higuain appartengono, da anni, al repertorio del serial killer. La partita era una di quelle tappe che la memoria (di e attorno a Zeman) rendeva suggestiva e infìda. Di pomeriggio, poi: e, per giunta, tra il Barcellona e Barcellona.

Alla Juventus, in questo preciso scorcio della stagione, non si poteva chiedere nulla più di quello che ha fatto, di quello che ha dato. Nel Pescara, decimato, si coglievano qua e là le orme del Maestro, orme che la modestia della rosa faticava a seguire. Se mai, era il tasso protervo di alcuni tackles a incuriosirmi.

Allegri, lui, ha dovuto gestire un Pjanic nervoso, un Mandzukic sempre più mediano, un Neto chissà come (dopo Napoli). Logico il turnover, ma prezioso anche il messaggio, con il movimento cinque stelle al gran completo meno Khedira, avvicendato da un dignitoso Marchisio.

Non ho visto, in compenso, Roma-Atalanta 1-1. Mi hanno riferito di un tempo buttato dalla Roma e un po’ di iella nella ripresa (palo di De Rossi, traversa di Dzeko). Gasperini, la cui conferenza disertata per la presenza di un giornalista non gradito sta facendo il giro dei manincomi, era privo di Gomez e Spinazzola. A Kurtic ha replicato Dzeko. Voce dal fondo: gli attacchi contano, le difese pesano.

E’ il momento degli auguri. Una Pasqua serena a tutti voi, Pazienti, e a tutti i vostri cari.

La scintilla

Roberto Beccantini11 aprile 2017

Se basterà non lo so, ma partite come queste restano. Allegri ha srotolato tutto il repertorio della sua Juventus, repertorio che non sempre apprezzo, e tutto il meglio. A cominciare da Dybala, l’uomo che al confine i doganieri attendevano a sarcasmo spianato: facile, con il Chievo; dimostralo con Messi. L’ha dimostrato. Due gol, e che gol: entrambi di sinistro, ça va sans dire. Di pettine il primo e di rasoio il secondo.

Poi i riflessi dell’infinito Buffon su Iniesta (e sull’1-0, soprattutto). Poi la specialità della casa, quel pugno chiuso che ogni tanto vorrei più «alto» e spesso diventa catenaccio: alla guerra come alla guerra. Poi il dottor Chiellini, che «morde» Suarez (in senso buono) e va pure a incornare il 3-0. Poi il coraggio (del mister) di lasciare Alex Sandro per un tempo nella zona di Messi e Dani Alves, sempre, a tu per tu con Neymar. Poi Mandzukic mediano, un classico, e Higuain mezzala, un’esigenza.

Per metà partita Luis Enrique ha regalato un uomo (Mathieu). Il Barcellona è stato Messi: che assist, a Iniesta e Suarez. Alla Juventus è andato tutto bene, al Barça no, però 4 gol dal Paris Saint-Germain, 3 dalla Juventus e 2 dal Malaga non sono semplici indizi: sono prove che confermano la pigrizia del possesso-palla e la fragilità della fase difensiva.

Per Neymar e Suarez, solo briciole. Mercoledì prossimo al Camp Nou ci sarà da soffrire, che discorsi, ma questo può essere davvero il punto di svolta che la Juventus d’Europa sfiorò in Baviera. E’ sempre difficile pesare il netto della squadra senza la zavorra del campionato. Vittorie così aiutano a cementare l’orgoglio e la stima. La Juventus ha avuto più fame. E se il quadro l’ha dipinto Dybala, gli altri, tutti gli altri, hanno provveduto a metterci la cornice e a sistemarlo sulla parete. Perché tutti potessero ammirarlo. Anche Messi.

Il confine

Roberto Beccantini8 aprile 2017

Tra il doppio Napoli e il Barcellona uno e trino, i reticolati del Chievo avevano tutta l’aria di una trappola. E tali sono stati fino a quando i sivorismi di Dybala e l’idea fissa di Higuain non hanno preso a martellate il risultato.

Un gol per tempo, più uno divorato dal Pipita. Tutto il resto, gioia o noia: dipende da cosa voti, se la prestazione tout court (comunque frizzante fino a metà gara) o la prestazione in funzione Barça (comunque sconfitto a Malaga).

Non sarà certo il vecchio scriba a prendere le lucciole del piccolo Omar per lanterne, fino a quando – almeno – i suoi tunnel non uniranno l’Europa alla Juventus, ma c’è modo e modo di passare il sabato sera, e con le sue bollicine non mi sono annoiato.

Era, tra parentesi, la disfida tra le squadre matusa del campionato. Il Chievo di Maran è solida, ben organizzata: poco concede allo spettacolo e, ogni tanto, pure a se stesso.

Il turnover di Allegri, già massiccio mercoledì al San Paolo, aveva un senso anche in questa occasione. Nel 4-2-3-1 o 4-4-2 che dir si voglia, Sturaro a sinistra è lo sherpa che ha il compito di presidiare i sentieri e piantare i chiodi. Le leggerezze di Alex Sandro hanno decorato i momenti in cui Madama rifiatava, dettaglio infìdo se rapportato alla Triade dietro l’angolo.

Come la pregiata sartoria Iniesta (e nel rodeo domestico, di più), la Juventus è ancora in corsa su tutti i fronti. Gli scarti odierni non alterano il borsino di martedì (Barça 60%, Juventus 40%), ma ne gonfiano la vigilia.

Allegri ha allargato il campo a Dybala, che corre come un mediano e cesella come un orafo. A 23 anni è un progetto di fuoriclasse, dipende solo da lui. In campionato lo è già. In Champions non ancora. Ecco il confine. I doganieri di Luis Enrique possono anche distrarsi, ma attenzione: sono un libro di storia.